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SE NON SI DICE NON SUCCEDE

Forse potremmo salvare migliaia di vite…

Mi chiamo Raffaele Adamo, sono nato a Napoli e per lavoro faccio il capotreno a Verona. Nel 2016 morì di tumore l’uomo che tentò di fare le veci di un padre, una persona che amava la vita, presidente di una squadra di pallavolo ed ex campione, maestro di vita e risate, per sua sfortuna viveva nella terra dei fuochi. In poco meno di due anni, dal colon fin dietro al cervello, il tumore lo ha mangiato riducendolo a vivere con pane e morfina.
Anche se gli altri dicevano che non poteva sentirmi, lui rideva alle mie storie stupide e speravo che sentisse anche le mie carezze quegli istanti prima di godersi l’ultima dose di morfina.

Dopo la sua morte ho aperto una guerra contro le ecomafie che hanno sotterrato o versato le peggio cose nel suolo italiano, in tutta l’Italia ci sono 41 SIN(siti di interesse nazionale) e 17 SIR(siti di interesse regionale), aree radioattive o chimicamente devastate, tutte le regioni hanno la loro “ILVA” la loro “terra dei fuochi”, le regioni più colpite sono quelle del nord, le più industrializzate e dove la ndrangheta ha aumentato i problemi con il riciclo dei rifiuti industriali.
Nel preparare questo progetto ho studiato la storia industriale italiana, da dopo il piano Marshall, fino alle attuali cause in tribunale per le bonifiche dei territori, ma sopratutto quella del territorio, i ragazzi più giovani quando vedevano le mie foto non sapevano che tutto quello fosse li, non immaginavano di vivere in un fazzoletto della morte, è cultura comune l’omertà su gli “incidenti”, chi vive nei pressi di Milano e Monza ed ha meno di 40 anni non ha mai sentito parlare del disastro di Seveso perché è cultura comune che qui, questo, non succede.

Parto dal principio, ho lavorato fotograficamente per lo più al nord perché se mostriamo come muore nell’indifferenza il popolo che vive nel motore italiano facciamo capire come muore tutta la nazione.
Dopo la seconda guerra mondiale i soldi per ricostruire l’Italia servirono ad alzare diverse industrie, le prime furono a Mantova nell’ambito petrolchimico, in seguito Brescia e così via in tutto il paese, l’area più importante su cui lavorare era l’oleodotto tra Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, dopo di che l’evoluzione industriale si è specializzata nella lavorazione dei metalli. Con l’andare avanti delle tecnologie anche le leggi anti inquinamento cambiavano, lì dove tra gli anni 50 e 70 si potevano versare liquami nella terra, da un giorno all’altro non si poteva più, qui la ndrangheta già presente nel nord dagli anni 50 iniziò a capire come poteva guadagnarci, capì che continuare a versare nella terra era un ottimo rimedio per risparmiare e che magari poteva riciclare anche altro, a lungo andare iniziò ad appropriarsi delle acciaierie e acquistò dall’America e dall’est Europa rifiuti radioattivi molto comuni come il CESIO137 per poi mischiarlo con metalli comunemente lavorati negli altoforni. Col passare del tempo e delle indagini si videro chiudere aziende come la Caffaro e molte altre per quanto stavano distruggendo quei territori, infatti ancora oggi quel fazzoletto di terra tra quelle due città ha la più alta concentrazione italiana di tumori tra i 0 e i 29 anni e la più alta concentrazione di nascite con malformazioni d’Europa.

Chiudono acciaierie come la CAPRA e la PICCINELLI dove vennero riciclati “materiali radioattivi”, vengono interdette alla coltivazione e allo sfruttamento terre e fiumi. Ma qualcosa non è cambiato, basta vedere ancora oggi cosa fanno certe fabbriche come ad Odolo, e basta scrivere su Google “Odolo acque bianche” per capire che nulla cambia e tutto tace, ad oggi quei morti sono ancora i più alti d’Italia.
Passano gli anni ma i riciclaggi non cambiano, magari migliorano, non è difficile a volte trovare durante scavi per la ristrutturazione ferroviaria pneumatici che dovevano essere eliminati in altro modo o ancora peggio gli scarti industriali della moda, i vestiti, che è praticamente petrolio, vengono ancora oggi nascosti sotto i campi coltivati o abbandonati e proprio nei campi coltivati è facile vedere altri livelli di inquinamento, nessun campo nasce con una coltivazione a macchia di leopardo, quando accade questo allora lì sotto c’è qualcosa, se non sono i vestiti probabilmente la malavita è stata più subdola, si traveste da un ricco e generoso imprenditore che dona ai proprietari terrieri terra nuova e fertile, perché ama il prodotto italiano e capisce le difficoltà di chi lavora la terra quindi gli evita una spesa, ma sorvola sul fatto che quel terreno ha all’interno la plastica tritata che gli è stata pagata per essere eliminata in altri modi, allora sappiate che non mangiate farina, ma la bottiglia che avete riciclato.

Nel secondo decennio degli anni 2000 l’Europa chiese all’Italia di capire quali fossero i SIN e i SIR e quanti soldi servissero per le bonifiche, in ordine di gravità dalla meno peggio alla più distrutta abbiamo: Toscana, Campania, Puglia, Sicilia e Lombardia. Dove le prime quattro unite chiesero una cifra vicina al mezzo miliardo, l’ultima, la Lombardia, chiese solo 15 milioni. Da quei giorni ad oggi per cercare di rimediare a quegli sbagli molte sono state le cause in tribunale e per la maggior parte vinte, ma ogni causa vinta sembrava uno schiaffo con presa in giro, nel chiedere soldi per le bonifiche le sentenze facevano arrivare somme tra i 2 e i 30 milioni, come pulire un’auto con un bicchiere d’acqua mentre le morti sfortunatamente continuano.
Sono poche le persone a metterci la faccia, una, Stefano, che ha perso il padre in 15 giorni, poi lo zio ed infine un amico d’infanzia, tutte mangiavano a kilometro 0, come anche gli altri casi di tumore presenti in gran numero nel suo quartiere. Strani sono i numeri e le coincidenze come quelli che vedono il 40% dei casi di tumore nei pressi di una fabbrica del latte a Brescia, tutti alla gola. Strano è il sito della CAPRA circondato da terreni coltivati con viti per fare un vino da vendere i cui proprietari non mi hanno fatto avvicinare (al sito) e che attualmente il cesio presente in quel luogo sta rilasciando liquami. Strano è l’atteggiamento del vice direttore dei lavori che circondano la ex PICCINELLI che non sapendo accanto a cosa lavora tutti i giorni (come gli altri operai quasi tutti dell’est) mi ha fatto entrare senza problemi preoccupandosi che non mi facessi male all’interno, un posto cosi inquinato che le piante si sono ramificate a 20cm dal cemento cercando di evitarlo e dove le scorie, come vedete in foto, sono lasciate alle intemperie e una volta che gli ho raccontato accanto a cosa stesse lavorando, lui mi ha confessato che lì stavano sotterrando tutto, per poter ampliare un parco della salute, il parco delle cave.

Poi c’è la storia di Francesca, nata con una malformazione alle vene del cervello che di tanto in tanto le ricordano che può paralizzarsi, una storia curiosa, una storia di anomalie che seguono il lavoro del nonno e una fabbrica che è cresciuta accanto alle sue terre. Lui continua a coltivare le sue terre mentre la mattina va a lavorare in quella fabbrica, le storie degli uomini di una volta, peccato che la nonna ricorda ancora che tra quei prodotti chimici la sicurezza era poca, infatti il marito muore per tumori sparsi lungo tutto il corpo ma nel frattempo, si mangia i prodotti raccolti con amore.
Poi c’è Werner un ragazzo abbastanza giovane meno di 40 anni, lui anni fa faceva il manovratore ferroviario proprio per il trasporto di materiale chimico una volta lavorato, i container a volte si aprivano a volte no, sicurezza sul lavoro? La si respira a pieni polmoni! La sua rassegnazione la si legge nelle sue parole quando un giorno parlando di “quel male” disse “prima o poi, capita a tutti!”.
C’è la storia di Alex, muratore di Brescia, anche lui ha dovuto combattere con più di un tumore, la sua storia parla di ciò che ha notato negli anni, lui non è certo a cosa gli siano dovute le sue sfortune perché ha vissuto tra il Veneto e la Lombardia e ricorda molto bene cosa sversavano le 189 concerie nella Val Chiampo o quando sono stati trovati rifiuti tossici sotto l’autostrada di Verona est o quando hanno trovato altrettanti rifiuti nella costruzione della TAV Verona\Brescia, a volte passa sui ponti che ha costruito e si chiede quale lo abbia ucciso.
In fine c’è Martina, una ragazza di Brescia, la sua vita è in tre fasi: università, casa e amici, poi ha notato qualcosa di strano, gli amici non c’erano sempre. Studenti che non arrivavano alla tesi, studenti che sparivano o che si ripresentavano dopo un pò di tempo o che magari ci mettevano più tempo per completare un lavoro, sapete, è difficile gestire la tua vita quando devi iniziare un ciclo di chemioterapia. A quel punto Martina aveva due crisi la prima era quella della sopravvissuta, la seconda, era su quando fosse stato il suo turno.

Trovando un muro di cadaveri e omertà provai a rivolgermi alle associazioni che si battevano per l’ambiente, speravo di capire cosa avessero già fatto o quale era la strategia di guerra per vincere questo mostro, nulla, ho trovato associazioni che si sono create solo per poter portare una spilletta sulla giacca, altre che facevano unicamente da ritrovo sociale e le più “attive”, perdevano tempo con azioni inutili pari ad un like sotto ad un post di Facebook per salvare un bambino in Africa, ma la più bella, sempre inconcludente e forse ho capito il perché, si “batte” ancora oggi per la purificazione di un fiume, capeggiata da un politico che vince premi letterari dagli stessi finanziatori che stanno inquinando il fiume che difendono.
Lì ho capito che vendicare la morte di mio zio non era combattere per migliorare le bonifiche, non so se la politica o le ecomafie bloccano questi lavori ma bisognava puntare ad altro, una nave con la chiglia forata non raggiungerà mai un porto anche se dovesse correre più del vento, bisogna iniziare a tappare le falle prima di affondare, bisogna salvarsi prima del punto di non ritorno, forse c’è un idea, la prevenzione.

Grazie all’aiuto e alle conoscenze di mio cognato, anestesista nell’ospedale S. Antonio di Padova, abbiamo tirato le somme per un progetto che potrebbe costare per lo stato meno della metà dei soldi spesi fino al 2020 per il reddito di cittadinanza e fermare i tumori prima ancora che diventino inarrestabili, il tutto unito ad una ricerca: che grazie ai mezzi messi a disposizione sul sito della fondazione Serono abbiamo estrapolato il numero effettivo dei centri oncologici in tutto il territorio italiano, calcolando i residenti sui SIN e SIR, 1/5 della popolazione di ogni regione (numero più alto della norma per precauzione), ossia 12 milioni di italiani, abbiamo calcolato quanto costerebbe per ognuno di loro fare uno screening completo sommando anche quelli già presenti gratuitamente così da gonfiare i costi, sempre per precauzione, in totale per lo stato ogni screening costerebbe 350€ X 12 milioni di italiani = 4,2 miliardi, ovviamente una cifra con tutti i valori gonfiati in eccesso, ogni centro sul territorio dovrebbe analizzare 35 persone al giorno.

Questi sono solo i dati sul controllo, ovvio che vi lascio immaginare quanto potremmo risparmiare se su tutti e 377.000 nuovi casi annui di tumori in Italia (calcolo AIRC) dovessero seguire solo 3 mesi di cure invece che 6, 12 o più.
La domanda più palese è: “ma l’organizzazione e la gestione per contattare le persone?”, in realtà è più semplice di quello che si pensa, basterebbe mettere in gioco i medici di base con pazienti che sono residenti in quelle zone, dove comunicheranno paziente per paziente l’inizio dello screening, ovviamente non tutte le aree chiedono uno screening completo, ad esempio alcuni SIR a nord della Lombardia riguardano aree inquinate dall’amianto, quindi il controllo potrebbe essere incentrato unicamente sui polmoni. Qualora il paziente non voglia partecipare al test semestrale dovrà firmare la sua assenza, così da gestire bene le spese di ogni regione. Questo potrebbe essere solo l’inizio, finché non si crei un software come quello per il vaccino covid dove la registrazione potrà essere fatta con calendario tramite browser. Il tempo a nostra disposizione è sempre meno, più passano i giorni più le persone si ammalano e muoiono, sbrighiamoci prima che quei posti a tavola occupati da chi amiamo si trasformino in sedie vuote accompagnate da assordanti silenzi.

Tutte le testimonianze raccolte possono essere chiamate per interviste più approfondite. Fonti da leggere: Studio epidemiologico SENTIERI, Ecomafia 2020.